06 screeshotXIII DOMENICA PER ANNUM [Mc 5,21-43] - 30 giugno 2024

di don federico giacomin

 

Toccare spiritualmente
Ci si ammalava toccando. Con il tocco possiamo passarci il male. I germi. Quando uno ha le difese immunitarie basse, dobbiamo stare molto attenti ad avvicinarci e a toccarlo. Potrebbe essere fatale per lui! Ma anche se non ci si tocca, ci si potrebbe ammalare per davvero! Ci sono persone che non sono più capaci di accarezzare. Di abbracciare. Di baciare. Monoliti di ghiaccio. Ci ho messo un sacco di tempo prima di dare, da uomo, un bacio a mio padre. Come me lo ricordo! Ma proprio questa fatica fisica, mi ha preparato per poterlo baciare nel giorno della sua morte; e l’ho fatto anche a nome di mia madre che non l’avrebbe più visto. Non ho baciato la morte. So bene che ho baciato mio padre. Ho poggiato le labbra sul suo corpo ancora caldo di lavoro. E quel bacio, quella serie di baci, ancora oggi mi appartiene in modo misterioso. E credo che appartenga pure a lui. Perché quando si tocca, quando ci si allena a toccare con affetto, allora si apre un mondo al quale non siamo preparati: è il mondo ALTRO, è il mondo OLTRE. È il mondo che è racchiuso dal finito, che quando s’incontra con il tocco esce e si manifesta. Una carezza richiede gentilezza, eleganza, prossimità, ma anche capacità d’intesa, capacità di sguardo che s’incontra con lo sguardo altrui. Una carezza richiede di saperla fare, di non possedere chi si ha davanti, di manifestare il proprio tatto interiore attraverso quello esteriore. Una carezza chiede di non fagocitare e neppure di prendere. Ci si ammala per tocco. Ma anche si guarisce per tocco. Perché il tocco è energia spirituale. Il tocco dell’amore, non il tocco del fanatico. C’è chi tocca per dire che ha toccato. Ha toccato l’arca del Santo, il sepolcro di Gesù. Ha toccato la croce di Cristo. Ha toccato il papa. Ha toccato: come essere andati a “prendere” qualcosa che maggiora la propria persona. Il fanatico tocca per maggiorarsi, per raccontare, per sentirsi apposto. Il fanatico tocca per parlare di sé. Per aggiungere un punto nell’hit-parade dei suoi feticci. Per giocare ad accumulo di esperienze. Così, il fanatico, trasforma l’oggetto toccato in sorgente d’entusiasmo. Avrà sempre bisogno di mantelli da toccare: perché proprio quelli sono la forza della sua vita. Avrà bisogno di ritornare, quasi per dipendenza, all’arca del santo a Padova per recuperare la forza ancora dopo aver toccato.
Il tocco nel vangelo di oggi non è né idolatra né fanatismo: quello della donna ammalata da perdite per ben 12 anni; quello di Gesù che prende la mano della bambina. Talità kum. Questi sono i tocchi a cui aneliamo. Quelli che rimettono in piedi. Quelli che ridonano vita. Quelli che fanno ripartire la vita. Quante carezze sono Talità kum. Quanti abbracci. Quanto baci. Quanta attesa in quella stretta di mano con la persona ammalata all’ospedale: stiamo lì ad aspettare che possa riaprire gli occhi grazie al calore che passa dalle nostre alle sue mani. Talità kum. Ci sono baci che non rialzano la fanciulla. Ci sono baci che non rimettono in piedi mio padre. Ma quei baci, quelle parole che diventano tocco affettivo, CREANO. CREANO LEGAME. CREANO AMORE. Nessuno mi toglie la sensazione di calore paterno di quel corpo steso a terra in quella mattina piena di sole. Proprio mentre lo baciavo. E quel bacio ha creato IL LEGAME. Prima da adolescente. Poi da ragazzo che doveva diventare immediatamente maturo di fronte alla morte di mio padre. E credo che Cristo Gesù abbia utilizzato proprio le mie labbra per baciare mio padre. E non vederlo risvegliarsi. Anche le mie lacrime ha usato per piangere su mio padre. Sono tocchi, questi, che non ammalano. Sono tocchi che rimettono in piedi. Anche se il morto non si rialza, rimettono in piedi il mondo OLTRE, il mondo ALTRO. Tocchi che CREANO LA PRESENZA CONCRETA DELL’OLTRE E DELL’ALTRO MONDO. Fatto di tentativi, di affetti, di tensioni. È il mondo spirituale. Che ha bisogno di mani, di tocchi, di labbra per essere RIPRESENTATO, CODIFICATO, REALIZZATO. Occorre POESIA nel toccare, come l’emorroissa. Poesia che nella materia ci fa incontrare il volto spirituale della vita. Occorre FIDUCIA nel toccare come per Giairo: fiducia che in quel contatto si generi VITA senza appropriarsene, senza trattenerla. Talità kum: le più belle parole di Gesù con una stretta di mano. FORTE E POETICA.

Una forza che esce
M’intriga la forza che esce da Gesù! L’ho sempre pensato come un superpotere che esce dal superuomo. E ho sempre pensato male! Quando si parla con un medico che ha condotto un’operazione su un corpo umano, quando si colloquia con un terapista che ha guidato una terapia di coppia, quando si parla con un prete che ha accompagnato un cammino difficile di un ragazzo nell’orlo di una crisi esistenziale, allora si comprende di più questa forza che esce. Perché esce una forza quando si sta a contatto con storie che “assorbono” energie. Non credo sia sempre vero che donare non è perdere, che amare non porta a perdere, che più si ama e più l’amore cresce. Credo che amare ha un costo: il trapasso di un flusso da me all’altro. È una perdita. Perdo energia nell’ascoltare quella persona, nel condurre quella coppia. Ma questo flusso che esce, questa perdita, sfiacca da una parte e rinvigorisce l’altra. È un trapasso d’amore. Sì: l’amore si perde. L’amore sfiacca. Lo si può fare per lavoro o per vocazione. Ma ogni guarigione passa qualcosa dal guaritore al guarito. Ogni risanamento amorevole chiede un trapasso. Si sta in piedi perché qualcuno ci rialza. Noi siamo l’energia che altri ci hanno infuso. Che bella cosa poter andare a letto non sfiniti dalle cose ma sfiaccati dall’amore! Dopo esserci consegnati, dopo aver dato tutto di noi, dopo aver fatto tutto e anche di più, sentire che un flusso, l’energia, non c’è più, è uscita. C’è stanchezza e stanchezza. Quella data dall’accumulo di esperienze e dalla tensione delle cose. Quella che nasce dal senso di prestazione e dell’essere sempre visti dagli altri e quindi del dover stare sempre ad un certo livello di vita che non è il nostro. È la stanchezza che esaurisce! E poi c’è la stanchezza del donatore di sangue. Dell’insegnante. Della mamma. Del medico. Dell’infermiere. Di chi travasa sugli altri speranza. Anche se questi non la vogliono. È una stanchezza che nel sonno viene toccata da Dio e la notte diventa un Talità kum.

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